13.10.2015

Frodi in materia iva e prescrizione inadeguatezza del diritto italiano rispetto al diritto comunitario

Nota a Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione Taricco ed altri, 8 settembre 2015.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto che la normativa italiana in tema di prescrizione non sia idonea a garantire il rispetto degli obblighi previsti a carico degli Stati Membri dall’art. 325 par. 1 e 2 TFUE – nei casi di frode grave in materia IVA – laddove sia di ostacolo all’inflizione di sanzioni effettive e dissuasive a causa di un termine complessivo di prescrizione troppo breve rispetto alla complessità delle indagini che riguardano i reati in esame.
La questione è stata sollevata dal Tribunale di Cuneo che, investito della cognizione di un procedimento in materia di operazioni fraudolente note come «frodi carosello», ha sollevato alla Corte la questione in ordine all’introduzione, da parte della normativa italiana in tema di prescrizione, di una nuova possibilità di esenzione dall’IVA non prevista dal diritto dell’Unione.
I Giudice europei con la sentenza in esame hanno evidenziato come l’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), imponga agli Stati membri di contrastare, attraverso la predisposizione di misure dissuasive ed effettive, le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, di adottare le stesse misure adottate per combattere la frode lesiva dei loro propri interessi finanziari. La Corte ha ricordato, inoltre, che il bilancio dell’Unione è finanziato, tra l’altro, dalle entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati, ragion per cui esiste un nesso diretto tra la riscossione di tali entrate e gli interessi finanziari dell’Unione.
In considerazione di tali elementi, il giudice italiano deve, pertanto, verificare se il diritto nazionale consente di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.
Qualora così non fosse il diritto italiano sarebbe in contrasto con l’articolo 325 TFUE consentendo, di fatto attraverso una normativa di prescrizione inadeguata perché idonea ad impedire in maniera generalizzata l’adozione di decisioni giudiziarie definitive, di garantire l’impunità a persone e società in relazione ai reati commessi in materia IVA.
Nella sentenza in esame la Corte afferma che – secondo i principi comunitari – “una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell’articolo 160, ultimo comma, del codice penale, come modificato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, e dell’articolo 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l’atto interruttivo verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare”.
Il giudice nazionale, dunque, è tenuto a dare piena efficacia all’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE.

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