Associazione per delinquere transnazionale finalizzata alla commissione di reati tributari. Sequestro preventivo del profitto del reato e responsabilità amministrativa degli enti.
Corte di cassazione- sez. III Penale del 14.10.15 sent. n. 46162.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 46162/2015, ha confermato l’orientamento maggioritario secondo il quale il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, in relazione al delitto di associazione per delinquere transnazionale, può avere ad oggetto il profitto derivante dai reati di frode fiscale rientranti nel programma associativo dell’organizzazione criminale.
La questione giuridica risolta dalla Cassazione attiene alla possibilità, al fine di individuare il profitto confiscabile, di attribuire rilevanza ai reati scopo del delitto associativo transnazionale allorché tali delitti non siano previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo (come quelli tributari che ci occupano) a norma del d. lgs. 231/01.
Con la sentenza di accoglimento – per difetto di motivazione – del ricorso avanzato dal difensore dell’ente per l’annullamento dell’ordinanza cautelare, la Corte ha affermato, infatti, che “il profitto inteso come l’insieme dei benefici tratti dall’illecito può consistere anche nel complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme dei reati fine, dai quali il reato associativo è del tutto autonomo e la cui esecuzione è agevolata proprio dall’esistenza di una stabile struttura organizzativa e da un comune progetto delinquenziale”.
Ciò in quanto “i partecipi sono consapevoli sia del fatto che le proprie condotte rientrano nell’esecuzione del programma criminoso attraverso lo specifico contributo ricompreso nel generico programma di delinquenza e sia del fatto che il profitto non è destinato a recare un vantaggio uti singuli, se non limitatamente alla divisione degli utili conseguiti dall’organizzazione.”
La Corte, nel considerare minoritario l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non sarebbe ammessa la possibilità di imputare direttamente al reato associativo il profitto dei reati-fine, non ha dunque ritenuto sussistente alcun conflitto interpretativo ed ha deciso la controversia, conformemente all’orientamento maggioritario indicato.
Ed é proprio da tale premessa che è derivato necessariamente l’annullamento con rinvio dell’ordinanza cautelare dispositiva del sequestro per equivalente del profitto.
Se è vero, infatti, che il sequestro del profitto del reato può essere disposto soltanto in relazione al delitto associativo (non potendo essere applicato con riferimento ai reati fiscali rientranti nel programma criminoso) è vero allora che il Tribunale avrebbe dovuto motivare sull’esistenza dell’associazione ed in particolare sugli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416 c.p., nonché in ordine alla non ipotizzabilità di un concorso continuato nei reati fiscali. Dal difetto di motivazione deriva il vizio di legge censurato dalla difesa dell’ente.