Quantificazione delle sostanze pericolose in stabilimento ai fini dell’applicazione del d. lg. 334/1999
Nota a sentenza T.A.R. Lombardia, sez. IV, 16 marzo 2015, n. 726.
Nel determinare la quantità di sostanze pericolose in uno stabilimento, ai fini dell’applicazione del D. Lgs. 334/1999, si devono considerare non solo quelle presenti ma anche quelle “previste” nel processo produttivo.
Il calcolo delle sostanze pericolose presenti in uno stabilimento ai fini dell’applicazione della normativa sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti (d. lg. 334/1999) si deve effettuare considerando, oltre alle sostanze pericolose effettivamente presenti in stabilimento al momento della verifica ispettiva, anche quelle “previste” o comunque ordinariamente utilizzabili nel processo produttivo del medesimo stabilimento.
Tale inclusione deve essere effettuata anche nel caso in cui le sostanze pericolose siano unite ad altre (anche non pericolose), costituendo così sostanze diverse e nuove, non incluse nell’allegato I al D. Lgs. 334/1999, dovendosi valutare (e calcolare ai fini dell’applicazione della normativa Seveso) anche la presenza “pregressa” della sostanza pericolosa.
La pronuncia in commento è stata resa a seguito della proposizione di un ricorso per l’annullamento del rapporto di verifica effettuato da A.R.P.A., all’esito del quale si dichiarava il superamento dei quantitativi-soglia delle sostanze pericolose indicate all’allegato I al d. lg. 334/1999, ritenendo quindi lo stabilimento assoggettabile agli obblighi di cui agli artt. 6 e 7 del medesimo decreto.
Il ricorrente lamentava che il superamento della soglia-limite di sostanze pericolose fosse stato dichiarato sulla base di un calcolo che comprendeva non solo il triossido di cromo (indicato all’allegato I ma presente in quantità sotto soglia) ma anche l’acido cromico presente nelle vasche di galvanica, sostanza non menzionata nell’allegato al d. lg. 334/1999 e quindi, a detta dei ricorrenti, non computabile. Secondo il TAR, invece, essendo l’acido cromico una soluzione composta da triossido di cromo e acqua nella percentuale del 20% circa, il calcolo doveva giustamente includere, oltre al triossido di cromo, anche quello disciolto nell’acqua e presente nelle vasche di galvanica.
Detto principio trova principale fondamento nell’art. 2 comma 2 d. lg. 334/1999, laddove specifica espressamente che, ai fini dell’applicazione del citato decreto, “si intende per “presenza di sostanze pericolose” la presenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento ovvero quelle che si reputa possano essere generate, in caso di perdita di controllo di un processo industriale, in quantità uguale o superiore a quelle indicate nell’allegato I”. Pertanto, ai fini dell’applicazione del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, non si possono non considerare elementi o sostanze idonee a rilevare la pregressa presenza di sostanze considerate pericolose, essendo del tutto irrilevante il fatto che tali sostanze abbiano poi assunto forme o composizioni differenti.